Quando scatta la sanzione amministrativa per il mancato rispetto dei limiti delle emissioni elettromagnetiche in località con presenza di edifici?
Con l’ordinanza n. 6897 dell’ 11 marzo 2021, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione dirime un punto di diritto molto importante nell’ambito del limite delle emissioni elettromagnetiche e del rispetto di valori di cautela.
La questione prende le mosse da una sanzione amministrativa emessa del 2007 dall’ Arpav nei confronti di una società radiofonica proprietaria di una stazione radio, che trasmetteva con una potenza di 20V/m in una zona nella quale era situato un edificio adibito sia a trattoria che ad abitazione.
L’ingiunzione emessa dal Comune, quale ente con potestà sanzionatoria, veniva opposta in primo grado con sorte avversa per la società radiofonica opponente.
Il punto sul quale si tornerà in seguito, era appunto il fatto che, la costruzione attraversata dalle emissioni, non era abitata, ma sussisteva la sua destinazione residenziale.
L’appello annullava l’ordinanza con l’ingiunzione, sulla base di un’interpretazione della normativa di settore, dove il valore di 6 V/m doveva essere applicato esclusivamente nei luoghi in cui vi era la prova della effettiva permanenza di persone per almeno quattro ore.
La Cassazione, con una motivazione interessante e destinata ad essere presa come base per casi analoghi, sviluppa un percorso argomentativo, richiamandosi a quella che è la base della politica ambientale europea, facendola fungere da perno e chiave interpretativa della normativa di settore italiana, succedutasi nel tempo.
Considerando, quindi, il principio di precauzione, quale principio e valore sotteso alla salvaguardia sia dell’ambiente che della salute umana – principi costituzionalmente tutelati – riflette sul fatto che, la normativa relativa alla limitazione ed al controllo delle emissioni elettromagnetiche, deve essere parametrata in luoghi dove non vi sia solo l’effettiva ed attuale utilizzazione, bensì dove la stessa sia anche solo potenziale.
Ciò viene argomentato riflettendo che, l’applicazione della limitazione richiamandosi solo a momenti temporali nei quali un bene immobile fosse effettivamente occupato, peccherebbe di salvaguardia nei confronti della salute umana, poiché, manca in concreto “ un meccanismo che permetta l’immediato adeguamento “ delle emissioni con la temporaneità della presenza delle persone in un’abitazione.
La Corte di Cassazione, cassando la sentenza impugnata e rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello, si esprime valutando il quadro normativo di riferimento (tra cui, D.M. 381/1998, l. 36/2001 e D.P.C.M. 8 luglio 2003) in combinato disposto con i principi ambientali comunitari.
Di conseguenza, interpreta il limite delle quattro ore di permanenza giornaliera in un immobile, considerando sufficiente “ anche una potenziale destinazione ad usi che prevedano, sempre in potenza, una permanenza per più di quattro ore al giorno”.
Comments